Scrivo questo ricordo nel giorno del funerale di suor Maria. Al mattino ho offerto la Santa Messa per le sue intenzioni con fede e persino con la convinzione che fosse il Buon Dio a chiamare suor Maria di lasciare la sua missione terrena, per affidarle una missione da compiere dall'alto del cielo.
Poco dopo aver sentito la diagnosi medica, che aveva un cancro ai polmoni così sviluppato da essere inoperabile, mi scrisse: "Sto lottando, ma il pensiero di incontrare il Signore mi riempie di pace e di gioia". Prego che il suo incontro con il Signore non sia altro che gioia.
Ho una doppia parentela con suor Maria. Il padre di Maria, Władysław Moryl, e mia nonna Maria Deszcz (dalla casa Moryl) erano fratelli. La seconda è un'affinità spirituale: Maria ha dedicato la sua vita alle missioni, seguendo le orme della Madre dell'Africa; io da oltre trent'anni sono missionario in Africa. Non c'è da stupirsi, quindi, che avessimo motivi per scambiare esperienze e i nostri punti di vista, e così come molte cose che ci affidavamo per pregare.
Ci siamo incontrati in totale forse alcune o una dozzina di volte. Più spesso ci scrivevamo, prima per posta e poi via Internet. Quando ero in formazione al seminario di Cracovia, scriveva spesso dal convento di St. Louis, assicurando sempre la preghiera e mostrando la bellezza della vocazione alla vita consacrata. Alle sue preghiere più di una volta affidavo il mio desiderio di andare in missione. Devo la grazia di andare in missione proprio alle sue preghiere? Dio solo lo sa. È vero che sono stato mandato in missione in Zaire (l'odierno Congo) subito dopo la mia ordinazione sacerdotale. So che fin dall'inizio del mio ingresso in seminario e soprattutto durante il lavoro missionario, sono stato accompagnato dalla sua preghiera. Conosco la sua convinzione dell'importanza della preghiera, sia nella sua vita personale, che nell'opera missionaria, o nella realizzazione della sua vocazione sulle orme della Beata Madre Teresa. Mi viene in mente, anche se forse non ripeterò esattamente la sua osservazione, che la possibilità di pregare per l'opera missionaria, non fa sentire inutile nessuno di noi, anzi, offrendo le preghiere per le missioni, facciamo ciò che è più importante e partecipiamo attivamente alle opere più divine - la salvezza delle anime.
Ricordo quando suor Maria divenne redattrice dell'edizione polacca di “Ecco dell’Africa” restando negli Stati Uniti a St. Luis. Proprio ero in vacanza in Polonia e ho visitato le Suore Claveriane a Krosno. Le suore hanno condiviso con me la loro preoccupazione sul fatto, che una americana, fosse una buona idea per la redazione della rivista in polacco. Così ho avuto l'opportunità di dissipare ogni dubbio, dicendo alle suore che suor Maria è una polacca in carne e ossa, e che la sua parrocchia di famiglia a Gręboszów è molto vicino a Krosno, che ha finito scuola elementare e secondaria in Polonia, che non solo non ha dimenticato la lingua polacca, ma scrive bellissime poesie in polacco. E si è trovata negli USA non perché non volesse diventare suora in Polonia, al contrario, ma perché è partita per gli USA persuasa dalla sua famiglia, che vedeva in questo un modo per distrarre i suoi pensieri dalla vocazione religiosa. È venuto fuori che la Divina Provvidenza l'ha guidata a iniziare e terminare la sua vita religiosa qui sulla terra, proprio negli Stati Uniti.
Se dovessi scegliere tra la sua ricca personalità quello che mi ha colpito di più, indicherei innanzitutto il suo grande amore per Dio e per la sua comunità religiosa. Suor Maria amava Dio e amava le sue consorelle. Parlava sempre delle Sorelle con il massimo rispetto. Condividendo le difficoltà di preparazione al Capitolo generale ha scritto: "Sogno un incontro armonioso, consensuale, fraterno, bello". Credo che anche fosse molto sensibile alle esigenze delle missioni. Con grande entusiasmo e gioia condivideva ciò, che la comunità di St. Louis è riuscita a stampare per i paesi di missione. Quando era la Superiora generale, non è stato facile per lei accettare che la Congregazione non fosse in grado di rispondere a tutte le richieste provenienti da diverse parti. Lei darebbe volentieri a tutti. D'altra parte, so, e le Suore Claveriane lo sanno ancora meglio, che non c'è motivo di aver paura, vedendo quanto la loro Congregazione sostiene le missioni.
Io stesso posso testimoniare, che nessuna delle mie richieste è mai stata messa da parte. Ero in una posizione privilegiata, perché potevo chiedere aiuto attraverso le sue mani. Comunque, immagino che non sarebbe stato diverso. Chiedevo aiuto il più delle volte, quando ci mancavano i fondi per completare il lavoro che avevamo iniziato. Cosi era nel caso della costruzione della biblioteca, e più tardi del collegio a Biro in Benin, e più tardi anche della chiesa. Posso dire che la biblioteca e il collegio oggi esistono e servono ai giovani grazie alla sensibilità dei cuori delle Suore Claveriane. Quando si è dovuto aspettare un po' di tempo per consegnare il progetto, suor Maria personalmente con semplicità scriveva: “Spero, che non c’è troppa fretta”.
Molte volte a nome della comunità ho chiesto aiuto sotto la forma dei stipendi delle Sante Messe. Non ho mai ricevuto una risposta negativa. Succedeva, che non scrivevo per lungo tempo e, oltre a chiedere una preghiera, non ho presentato alcun progetto. In queste situazioni ricevevo da suor Maria la lettera piena di preoccupazione: "Sei sicuro di non aver bisogno di niente?”
Dalla mia attuale missione a Biro in Benin, più volte indirizzavo a Suor Maria l’invito, che Suore Claveriane, a fra di loro anche essa, venissero a visitare la nostra missione e vedano con i propri occhi per che cosa sono stati spesi i soldi che ci hanno dato per aiutarci. Mi sembrava che fosse già convinta che una tale visita sarebbe stata utile. Purtroppo, la notizia di una grave malattia aveva infranto i piani. Adesso vede meglio dal cielo. Spero, che ispiri le suore all’idea che una visita di questo tipo sarebbe ancora utile.
Considero un onore poter scrivere queste poche parole di memoria. Allo stesso tempo, mi sento insoddisfatto, che questo sia troppo poco. Così lascio questo ricordo come incompiuto.
P. Stanisław Deszcz CM
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